lunedì 16 aprile 2012

Che favola è se non finisce?

Una telefonata breve "Sono arrivato, sto di fronte la stazione", e avevo preso quell'ascensore, di un palazzo a me sconosciuto, felice. Era stata una giornata fortunata, splendida dalle prime luci dell'alba, avevo conquistato il mio futuro e anche se consapevole ne ero ancora ignara. Indosso un vestito troppo leggero per quella notte di fine estate, e i tacchi vertiginosi, che non sono abituata a portare, mi sembrano stranamente comodi.
C'è sempre una stazione nei nostri incontri, dove aspettiamo palpitanti di rivederci. C'eravamo lasciati con una promessa che non avevamo rispettato, un arrivederci mai riscattato.Ho  in mano un libro, e tento di nasconderlo dietro la schiena, mostrandomi sicura, ma tu corri   verso di me, mi sollevi senza guardarmi nemmeno negli occhi. "Sei il solito.." e "Come sei bella Chiarina" e saliamo in macchina. Quella strada sconosciuta corre, anche troppo, ma non mi fermi a pensare, so di essere lì con te, al sicuro.
"Mia madre non lo deve sapere, non lo deve sapere..." cantiamo ridendo come due matti senza un motivo.
Il ristorante lo troviamo quasi subito, ed il "aspettavamo Lei e La Sua Signora" ci fa morir dal ridere. Ordini tu, come se sapessi quello che mi piace, a proposito come lo sapevi? Parliamo della mia giornata, per una volta riesci a stare zitto, ed ad ascoltare, riesci a metterti in secondo piano, siamo uno di fronte all'altra e più volte tenti con indifferenza di prendermi la mano, ma non lo fai, hai paura che possa scostarla, al quarto timido tentativo la prendo io... Colpa del vino sardo? A proposito buono, te l'avevo detto?
Fai violenza su me stessa ordinando, quel caffè, "bevilo d'un sorso Chiarina che scalda". Io ti ascolto, mi fido e... Effettivamente mi ha scaldata, peccato aver tralasciato il particolare che fosse corretto, specialità delle casa.
Usciamo, non ho voglia di salire in macchina, ciondolo sul marciapiede e tu provi ad abbracciarmi "Non ci provare", "certo certo" dici, ma pensi tutt'altro, mi distraggo un attimo e mi prendi in braccio, a tradimento direi, e mi porti fino alla macchina.
Facciamo qualche Km, e quella Terrazza si para davanti a noi. Scendiamo, tenendoci per mano, non ce la fai più, anzi non ce la facciamo più e ci baciamo. Che ci importa? In quel momento cosa ci importa della nostra promessa fatta? E' tutto giusto in quel momento, l'attimo, il posto, noi due. Solo in quei momenti siamo giusti, e solo in quei momenti lo siamo stati. Mi allontano ridendo e mi tiri a te, balliamo, sembra un film, felliniano anche questo, felliniano come al solito, come ricordavo, da oscar. Siamo complici di quel momento, di quel momento e basta, dove tutte le cose brutte che abbiamo vissuto, sembrano sparire. Camminiamo come se l'avessimo sempre fatto, ci guardiamo come se non avessimo mai guardato altro. Due vecchietti sulla settantina,   sono anche loro mano nella mano, su una panchina vicina a noi, ci guardano, ci fanno cenno col capo. Hanno immaginato che un giorno saremmo stati come loro, ma loro sono la realtà, noi siamo solo la favola.
Io rido, e ti prendo in giro, ti dico che non ci casco, forse ci credo forse no, tu senti un treno in lontananza, io non sento rumori eccetto i nostri e la risacca. Ti spingo a vedere il mare da vicino. Non porto l'orologio, non guardo il telefono, non c'è nulla oltre quella Terrazza, in un posto che non mi appartiene, con una persona che per quel momento è mia. "Perchè è tutto bellissimo?" "Perchè siamo noi, perfetti sulla carta, imperfetti nella realtà", è questa la risposta.

Avevo bisogno oggi di questo ricordo, in questo momento di estremo cambiamento, avevo bisogno di sapere da dove era partito tutto, da cosa era venuta quella decisione. Tu oggi hai pensato alla nostra, solo mia e tua, Terrazza, in un momento di paura, e io oggi avevo bisogno di ricordarlo, di ammettere che ho paura.
Finchè vivremo, e lo faremo per tanto tempo, finchè vivremo racconteremo questa storia a noi stessi, sapendo di poter contare, nonostante le maledizioni e il male che ci siamo fatti, l'uno dell'altra.
Inconsapevolmente oggi mi hai donato quel sorriso, il nostro, silenzioso, complice sorriso.
All'epoca della Terrazza eri tu che non avevi fiducia in te stesso, di quello che realmente puoi essere, oggi, nel giorno del ricordo, sono io che ho poca fiducia in me, ed il recupero avviene grazie a te.
Non eravamo pronti, e mai lo saremo, due persone imperfette che diventano perfette, per dei momenti, che non possono essere il pane quotidiano, e se lo fossero, smetterebbero di essere speciali.
Non è una storia lunga, ma un racconto breve, un racconto a 4 mani forse.

martedì 3 aprile 2012

Ciclicamente

Riaffiori, a cadenza regolare. Ormai le conto, le volte che succede, come se dovessi annotare la frequenza di un battito.
Io con la mia vita che è distante, anzi di più, dalla tua. Rido sempre pensando, ho pure trovato, in questi anni, ogni aspetto comico di Noi. Non mi importa sinceramente sapere cosa fai, come vivi, e quando per caso lo so, non sussulto neanche più.
Era Gennaio, me lo ricordo, ti ho incrociato, nel mio giorno, quello in cui alla fine partivi sempre. Ti ho avvertito, un attimo, e come avevo preventivato a luglio, niente, sono guarita forse. Oggi è stata una canzone, di quelle nostre, che gli altri non ascoltavano, ma che tu ci costringevi a sentire, con la tua superba voglia di essere anticonformista, rendendoti il migliore dei conformisti.
Due letti, divisi da un separè e noi due, uno ai piedi e uno alla testa, e quella musicassetta, un colore, il blue, ovviamente discutiamo, e tu che mi dici che ho sbagliato, come sempre; forse da allora ho preso a dirlo anche io agli altri. Mentre lo dici, vedi i miei occhi, sono umidi, e allora ti avvicini, cambi discorso, come hai sempre fatto, e mi costringi ad alzarmi, e a leggere un articolo di giornale, mi porti i biscotti e ridiamo, io guardo le tue occhiaie, e ti prendo in giro, le ho anche io adesso sai?
Perchè eravamo legati? Eravamo troppo diversi! Ti ricordi? Io volevo fare l'ochetta, bella e alla moda, tu ti ostinavi a fare il Nerd! Quanto di quel tempo abbiamo passato distesi, sfiorando appena le dita? C'erano ore di silenzio, di odori, e di immagini, solo nostre, solo per sempre nostre.
Adesso che non è più un peso pensare a te, vorrei, forse, vederti, parlarti, cosa ti ricordi tu?
So perfettamente che mi rinfacceresti quella domenica di fine maggio, lo so ma è così, e mi rinfacceresti di essere "dietrologica", e i tuoi occhi diventerebbero piccoli e acquosi, dalla furia, e balbetteresti, come facevi solo con me, e per me saresti insicuro, l'unica al mondo che ti abbia mai visto insicuro, e ci prenderemmo un caffè questa volta, io accenderei la sigaretta, e tu credo un sigaro, ci starebbe nel tuo essere anticonformista snob, con mocassini di pelle rovinata, barbour puzzoso, e mont blanc al tuo seguito.
E sentire quell'odore di zagara, misto a pino, un odore acre ma tuo... e tu? Cosa sentiresti?

ciao pensiero ci rivediamo tra circa 3 mesi...

lunedì 2 aprile 2012

Tre macchine avanti... Una revisione di Priorità Sepolte-Stop alle Censure si riparte

Post censurato ai primi di Dicembre, ma adesso che tutto ritorno come deve essere, mi piace e condivido..

Riprendere qualcosa che ci ha fatto stare bene, delle volte, vale la pena-
Una Spark, 1000 di cilindrata, GPL, per la Cassia, carica di bagagli, e di pezzi della mia famiglia, mia Madre, suo Fratello con sua Moglie, 50 Km da San Casciano Bagni, a San Quirico D'Orcia, e tra quelle curve e quei paesaggi a me poco familiari, i pensieri iniziano a scorrere, pensieri forse molto intimi, che pensavo aver sopito. Mia Madre e i miei Zii parlano, del weekend che volge al termine, e io, al volante con le mani a "9e 15", assaporando ogni curva, come se in quel momento rappresentasse quello che provo, mi isolo, e rivedo le priorità, le mie personalissime priorità.
Rivedo Chiara, che un anno fa era diversa, forse spaventata, con un obiettivo incerto e un trasferimento lontano da casa che pesava come un macigno. Che risparmiava sulle uscite, per comprare un biglietto aereo che ogni 15 giorni la riportasse nel posto da cui aveva fatto finto di fuggire.
Quella Chiara, che da quando aveva avuto memoria, aveva sempre avuto un solo grande sogno, una famiglia.
Un amore, una persona importante che avrebbe dovuto soddisfarla in tutto il suo bisogno di dare e ricevere amore. Una casa in campagna, un figlio, e quella sicurezza, che molte ragazze alla sua età hanno, e che lei desiderava da troppo tempo. Chiara un anno addietro sognava un matrimonio, felice, sereno, guardava abiti da sposa, e casali per il ricevimento. Studiava planimetrie di case e come arredarle, Chiara che comprava dei fiori, sognando che qualcuno glieli spedisse. Tra tante delusioni, quel sogno di un rapporto felice non era mai venuto meno, Chiara che la notte, si stringeva tra le coperte e sognava quell'abbraccio quasi a sentirlo fisicamente, avvolgente come queste curve immerso in questo verde che è ,a tratti, colorato di arancione.
Le voci continuano a parlare ed io a guidare, guardo i Cipressi, e mi rivedo adesso.
Chiara adesso sta per lasciare questa grande e caotica città, ha un futuro certo, un lavoro che sta per arrivare, con una data di scadenza, e cambia tutto.
Per la prima volta in vita mia, non cerco più l'amore, non provo a rimuovere qualcuno dal mio "martoriato" cuore, nè a farlo entrare. Non posso permettermelo adesso, non c'è tempo per questo, adesso.
Per la prima volta, le mie amiche non sentono lagne, sensi di colpa, o rimpianti, nè tanto meno rimorsi, e ritornano a stimarmi.
Per la prima volta, non sento l'esigenza di un rapporto serio, esclusivo, con tutte le formalità del caso. Inizio a vedere i rapporti, tra me e un'altra persona in maniera diversa. Quell'abbraccio, quel "Ti Amo", non ho bisogno di sentirli, non voglio sentirmi legata a qualcuno, come, purtroppo, ho fatto fino ad adesso ho fatto. A che serve?
Forse qualcuno bussa a questa porta, io rispondo, ma non con un avanti...Mi chiedo se si può vivere un rapporto senza pretese, senza un impegno, mi chiedo se si può scampare a quelle convenzioni, di cui fino a pochissimo tempo fa, ero attacata.
Non posso dare garanzie, non c'è tempo, voglio vivere momenti, attimi, intensi, ma non voglio essere rinchiusa in un rapporto, che sacrificherebbe il mio compagno, ad aspettare i miei ritorni. Potremmo vivere, giorno per giorno? Ci riusciresti? O sfaterei il mito, di ragazza seria e a modo? Quell'idea di serietà che ti sei fatto di me, adesso, e che forse, non mi appartiene più.
Un cartello, con scritto "strada del vino d'orcia", mi riporta alla realtà, ma per brevi istanti, ma ritorno a pensare, arrivata a Chianciano, il flusso di pensieri, continua, la macchina non va veloce, troppo carichi e troppo piccola, e sono abbastanza prudente da permettermi pensieri complicati.
Forse un desiderio non cambierà mai, la maternità, e quella paura di non riuscire a stringere un esserino, che viene da me. Mi sento Donna quando ci penso, e mi sento male, quando mi rendo conto che questo non accadrà facilmente. Ho giocato con mio cugino di un anno, ed ho pensato al mio bimbo, al mio futuro bimbo. Quello, dei sogni passati rimane, rimane perchè è il pensiero più intimo che una donna possa avere, più di qualsiasi uomo, più di qualsiasi dolore del cuore. Un essere al quale trasmettere, l'unica vera eredità che possediamo, l'amore, i ricordi, e il nostro vissuto. Paura di morire senza aver lasciato un ricordo di me a qualcuno, a mio figlio.
Guardo tre macchine avanti, che casualmente sono la carovana di parenti e amici, io chioccia piccolina, sono l'ultima, e guardando tre macchine avanti mi rendo conto che è ora di frenare, e con quella frenata si chiudono i miei pensieri. Forse troppo lunghi.

Note: Titolo Tributo al mio ex-Direttore, che ci ha caricati in questo viaggio, alla scoperta dei nostri pensieri, che scrivendo riusciamo ad esorcizzare.